PARMA E LA SUA PROVINCIA

APPUNTI DALLE LEZIONI TENUTE DA ALESSANDRA MORDACCI PRESSO L’UNIVERSITA’ POPOLARE DI PARMA.

LE IMMAGINI E ALCUNE FRASI VIRGOLETTATE SONO TRATTE DA WIKIPEDIA

Tabella dei Contenuti

INTRODUZIONE AL RINASCIMENTO. (1° LEZIONE 07/11/2022)

Nel rinascimento c’è un ritorno alla terra, non c’è più la vecchia aristocrazia feudale ma ne nasce una nuova.       La nuova aristocrazia proviene da famiglie che si sono arricchite con il commercio, con attività bancarie, …

Con le fortune guadagnate acquistano grandi quantità di terra dirigendo lì le loro attività; nasce una aristocrazia borghese.

 

Nella storia della letteratura e dell’arte nel 400 si sviluppò l’UMANESIMO che riprendeva gli insegnamenti classici degli antichi affermando il primato della vita attiva su quella contemplativa.     L’umanesimo è prevalentemente letterario e precede il rinascimento che avrà natura soprattutto culturale e artistica.

 

La culla di questo movimento culturale fu Firenze e una delle personalità più significativa fu Lorenzo de’ Medici (1449-1492) al quale Nicolò Macchiavelli dedicò quello che è considerato il primo trattato di politica “Il Principe”.     I Medici furono all’inizio mercanti poi si occuparono di agricoltura fino a diventare una delle famiglie più ricche d’Italia con l’attività bancaria.

In questo periodo si affermarono nuovi generi letterali:

  • La “Narrativa in prosa”. L’autore preso a riferimento in questo nuovo genere è Giovanni Boccaccio (1313-1375).
  • La “Poesia Narrativa” di cui un esempio è Orlando Innamorato, poema molto complesso, (edito nel 1483) scritto da Matteo Maria Boiardo (1441-1494) e che racconta le gesta di Orlando per l’amata Angelica. Questa opera fu interrotta dalla morte del Boiardo. La storia riprenderà poi nell’Orlando Furioso dell’Ariosto.

In Italia il fiorire del rinascimento riguardò soprattutto il centro nord in quanto il sud fu penalizzato dagli esiti della scoperta dell’America.

Il commercio marittimo si spostò infatti verso le coste atlantiche impoverendo tutto il sud Italia.

Parma nel frattempo passava sotto l’influenza ora di questa ora di quella Potenza.

A Parma il rinascimento era iniziato in ritardo rispetto a Firenze e Venezia, cominciò a fiorire negli ultimi anni del 400 con i primi circoli umanistici.

C’erano diversi signorotti locali che si spartivano il territorio e li governavano con una certa autonomia.

In particolare Pier Maria Rossi (Berceto 1438-Torrechiara 1482) conte di San Secondo lasciò un segno nell’architettura e pittura di Parma.

 

Verso il 1460 fece costruire il castello di Torrechiara con la famosa  “Camera d’oro” per l’amante Bianca Pellegrini. In seguito fece costruire la Rocca dei Rossi a Roccabianca.

Nei castelli di Torrechiara e di Roccabianca sono conservati affreschi (es. la stanza di Griselda) che riprendono temi delle novelle del Boccaccio.

I primi segni della nuova cultura architettonica nella città furono impresse dall’Ospedale della Misericordia (1476-1517) nell’attuale via D’Azeglio.  Fu progettato da Gian Antonio da Erba e parteciparono architetti e scultori del tempo (Gaspare Fatuli, Ferrari d’Agrante , Zaccagni,..

Per quanto riguarda la pittura arrivarono a Parma nei primi anni del 500 due bravissimi pittori:

  • Antonio Allegri detto il CORREGGIO (Correggio 1489-Correggio 1534)
  • Francesco Mazzola detto il PARMIGIANINO (Parma 1503-Casalmaggiore 1540)

 

Antonio Allegri detto il CORREGGIO

Nel 1520 viene chiamato a Parma il CORREGGIO

Questo pittore introduce forti innovazioni nella tecnica pittorica diventando un precursore della pittura illusionistica introducendo luce e colore come contrappeso alle forme e creando effetti di chiaroscuro e facendo in modo che nell’osservatore si avesse l’illusione della plasticità.

Le principali opere rimaste a Parma sono:

  • La camera della Badessa nel Monastero di San Paolo
  • La cupola di San Giovanni Evangelista
  • La cupola della cattedrale di Parma

Girolamo Francesco Maria Mazzola detto il PARMIGIANINO

I primi lavori avvennero a fianco del Correggio negli affreschi della chiesa di San Giovanni Evangelista.

La sua fama si accrebbe grazie alla famiglia Sanvitale che gli commissionarono l’affresco di una stanza della Rocca di Sanvitale  di Fontanellato nella quale rappresenta episodi della favola di Diana e Atteone.

Dopo questo lavoro partì per Roma (1524) dove però non ottenne particolare fortuna.  

Dopo il sacco di Roma  (1527) fuggì a Bologna ma anche qui non ottenne lavori che lo soddisfacessero finché nel 1530 tornò a Parma.

Lavorò alla chiesa della Steccata senza però arrivare alla conclusione. 

Furono di quel periodo i dipinti: la Schiava Turca, la Madonna dal collo lungo, autoritratto da vecchio.

Dinastia dei FARNESE

Nel 1545 il papa Paolo III (Alessandro Farnese) crea il ducato di Parma e Piacenza investendo il figlio Pier Luigi del titolo di Duca.

L’arrivo dei Farnese e la trasformazione di Parma in una capitale provocarono molti cambiamenti.

I castelli dei signorotti, che erano nati con scopi difensivi, furono ristrutturati e divennero residenze signorili.

I nuovi duchi presero un vasto appezzamento nell’oltre torrente dove fecero costruire un palazzo e vi collocarono la loro sede.

A fianco del Palazzo Ducale fu costruito il giardino che nasce come giardino all’italiana; con l’arrivo dei Borboni diventa alla francese e sotto Maria Luigia diventerà all’inglese.

Dall’altra parte del torrente fu costruito il Palazzo della Pilotta (1580) con compreso il Teatro Farnese.

Fuori città fu costruita la fortezza della Cittadella a forma pentagonale.

Sotto i Farnese operò a Parma il pittore Cesare Baglioni (Cremona 1550-Parma 1615) che lavorò nella Certosa di Paradigna, nella chiesa di San Sepolcro e nel palazzo Ducale.

Con i Farnese nasce anche la cultura musicale a Parma soprattutto con Tarquinio Merula (Busseto 1595 – Cremona 1665).

 

 

FRANCESCO MAZZOLA - IL PARMIGIANINO (2° lezione 14/11/2022)

Il rinascimento a Parma iniziò negli ultimi decenni del ‘400 dal salotto letterario che faceva capo al Grapaldo, a Taddeo Ugoleto ed altri umanisti.

Da questi partirono i “suggerimenti” che influenzarono:

  • la costruzione della chiesa benedettina di S.Giovanni e i cicli d’affresco del Correggio
  • gli affreschi nel convento delle benedettine di San Paolo sempre affidati al Correggio.

Francesco Mazzola (Il Parmigianino) nasce a Parma nel 1503; si rivela subito un genio precoce nella pittura provenendo da una famiglia di pittori.

Il padre muore quando Lui ha pochi anni e viene cresciuto dagli zii Michele e Pier Ilario.  

Giovane va a Viadana dove realizza il dipinto “Sposalizio mistico di santa Caterina – 1521“; in questo periodo viene a contatto con il pittore “Il Pordenone”

Non ancora ventenne viene affiancato al Correggio negli affreschi della chiesa di S. Giovanni evangelista  di cui dipinge le cappelle I,II e IV (tra il 1522 e il 1523). Si parla, in questo periodo, anche di una rivalità artistica fra il Parmigianino e il Correggio

Si distingue dalla pittura del Correggio per la ricerca della raffinatezza estrema e dell’aristocratica eleganza.

In seguito pittore esegue gli affreschi della Rocca San Vitale di Fontanellato commissionati dal conte Gian Galeazzo Vitale.

In particolare vienericordata la stanza della moglie del duca, Paola Gonzaga, per la quale realizza affreschi basati sulla storia di Diana e Atteone (1524).

Dopo Fontanellato si reca, in cerca di fortuna, a Roma  dove conosce Rosso Fiorentino, Polidoro da Caravag­gio, Baldassarre Peruzzie Perin del Vaga.   Rimane abbagliato dall’arte di Michelangelo e Raffaello.

Per l’arrivo a Roma aveva realizzato il dipinto “Autoritratto allo specchio – 1524

Il papa Clemente VII era nipote di Lorenzo il Magnifico ed era un mecenate degli artisti.

Nei 3 anni di permanenza a Roma Il Parmigianino eseguì numerosi ritratti rimasti famosi.

Nel 1527 ci fu il sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi; questo fatto segnò molto la condizione psichica del pittore che fu profondamente turbato; la sua pittura diventa malinconica.

Alla fine del maggio 1527, il Parmigianino fuggì da Roma e si fermò a Bologna sino al 1530, secondo alcuni aspettando che il Correggio lasciasse Parma.

A Bologna dipinse “La conversione di San Paolo – 1528

L’artista tornò a Parma nel 1531; il cavaliere Baiardo, suo amico, gli commissionò il dipinto “Amore che fabbrica l’arco – 1531“.

Del 1535 è il dipinto “Antea” che dissero rappresentasse una famosa cortigiana romana.   Negli stessi anni dipinse un’altro capolavoro “La schiava turca – 1534

La sorella di Francesco Baiardo, Elena Tagliaferri, per la sua cappella in Santa Maria dei Servi gli commissionò il dipinto “La madonna dal collo lungo – 1534-1539” che il pittore non portò a compimento a causa della sua morte.

Nel 1531 si era inoltre impegnato ad affrescare la chiesa della Steccata ma non portò mai a termine i lavori; completò solola volta con le “Vergi­ni folli e le Vergini savie”.  In questo periodo si ritiene si sia dedicato anche allo studio dell’alchimia.

Per la Steccata realizzò dei rosoni di rame dorandoli con un’amalgama di mercurio oro (probabilmente la sua salute fu minata anche dai vapori di mercurio).

A causa del mancato rispetto del contratto per la Steccata nel 1539 fu imprigionato; rilasciato si ritirò a Casalmaggiore dove morì nel 1540.   L’ultimo dipinto fu “Autoritratto da vecchio – 1540

DIPINTI DEL PARMIGIANINO

Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria e i santi Giovanni Battista
e Giovanni Evangelista (1521).

Bardi (Parma), Santa Maria, canonica.

La pala è la prima opera sicura del Parmigianino.

Come ricorda il Vasari l’opera venne eseguita per la chiesa di San Pietro
a Viadana, località del ducato di Mantova dove l’artista si era trasferito
con gli zii e il cugino Girolamo Bedoli per sfuggire alla guerra che infuriava alle porte di Parma.

Sant’Agata e il carnefice;
San Vitale (1522-1523), 

Parma, chiesa di San Giovanni Evangelista.

Sante Lucia e Apollonia – 1523  conservato nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma nella prima cappella della navata sinistra.

Le due sante sono protettrici della salute umana: santa Lucia (raffigurata con gli occhi sul vassoio) della vista, Sant’Apollonia (raffigurata con la tenaglia) dei denti.

San Vitale e il cavallo – 1523  è conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma nella seconda cappella della navata sinistra.

La Madonna col Bambino Sanvitale – 1524 è conservato a Palazzetto Eucherio Sanvitale a Parma.

E’ in precarie condizioni di conservazione.

Santa Barbara – 1523 è un dipinto a olio su tavola del Parmigianino, del 1523 e conservato nel Museo del Prado di Madrid.

Favola di Diana e Atteone – 1524, affresco Rocca di Sanvitale Fontanellato Parma.

Atteone mentre è a caccia con i suoi cani vede Diana nuda che fa il bagno, viene punito e trasformato in cervo e i suoi cani che non lo riconoscono lo sbranano.  C’è la scritta Respice Finem (“guarda la fine”)

Si pensa sia dedicato a Paola Gonzaga per la morte prematura di un figlio così che possa superare il dolore.

Conversione di san Paolo – 1528

Conservato a Vienna, Kunsthislorisches Museum.

Amore che fabbrica l’arco – 1531
Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Ritratto di giovane donna (La schiava turca  (1532-1534), Parma, Galleria nazionale

Antea – 1535 circa Napoli, Capodimonte.

 

Vergini folli e vergini savie (1532 – 1539) Basilica di Santa Maria della Steccata Parma

Autoritratto da vecchio
(1540 circa),
 Parma, Galleria nazionale.

FRANCESCO MAZZOLA - IL PARMIGIANINO (3° lezione 21/11/2022)

In questa lezione si approfondisce quanto appreso nella lezione precedente.

In particolare si vede nel dettaglio la cosiddetta “stufetta” della rocca Sanvitale di Fontanellato.

Questa doveva essere la stanza da bagno privato riscaldata della moglie del Sanvitale: Paola Gonzaga.

Ci sono 4 lati affrescati che rappresentano la storia di Diana e Atteone

Al culmine della volta di Fontanellato si trova uno spec­chio che, con la scritta «respice finem» che significa “guarda la fine”

Nel lato sud si vedono 2 cacciatori che seguono una ninfa (che secondo le interpretazioni rappresenterebbe Atteone). Con i cacciatori ci sono dei levrieri tenuti al guinzaglio; il levriero in primo piano ha il collare chiuso da una conchiglia.

Nella scena seguente (lato ovest)c’è Atteone che vede Diana nuda mentre sta facendo il bagno.   La Dea indispettita spruzza dell’acqua sul viso di Atteone che inizia a tramutarsi in cervo; si vede il viso già trasformato.

Nella parete successiva (lato nord) si vede Atteone già trasformato in cervo; i cacciatori lasciano i cani che non riconoscendolo lo sbranano.

Sulla volta compaiono due bimbi, una bambina e un neonato.

Negli archivi è stato trovato il documento di battesimo di un figlio di Galeazzo Sanvitale e Paola Gonzaga, datato 4 settembre 1523. Poiché del bambino battezzato non si ha più notizia nell’archivio familiare, si suppone che sia morto dopo poco; questa morte avrebbe avuto una influenza diretta sulla scelta del soggetto e sul significato degli affreschi.

Si identifica il figlio scomparso col bimbo più piccolo rappresentato sopra la lunetta della morte di Atteone; il bambino porta una collana di coralli e tiene in mano un ramo di ciliegie, entrambi simboli di morte precoce e ingiusta. La scelta del soggetto del ciclo, la morte ingiusta di Atteone, sembrerebbe quindi collegata con questo lutto familiare. 

Nella cornice inferiore è riportata una scritta in latino:”AD DIANAM / DIC DEA SI MISERUM SORS HUC ACTEONA DUXIT A TE CUR CANIBUS / TRADITUR ESCA SUIS / NON NISI MORTALES ALIQUO / PRO CRIMINE PENAS FERRE LICET: TALIS NEC DECET IRA / DEAS”. (traduzione: A Diana. Dì, o dea, perché, se è la sorte che ha condotto qui il misero Atteone, egli è dato da te in pasto ai suoi cani? Non per altro che per una colpa è lecito che i mortali subiscano una pena: un’ira tale non si addice alle dee).

La morte ingiusta di Atteone è quindi collegata alla morte prematura e ingiusta del figlio di Paola Gonzaga.

Nell’ultima parete è raffigurata Paola Gonzaga nelle vesti di  Cerere; a Cerere era stata rapita dagli inferi la figlia Proserpina ma con la sua insistenza riuscì ad avere con se la figlia almeno metà dell’anno.  C’è quindi una speranza di resurrezione.

Nella stessa parete sono raffigurati dei cani che rappresenterebbero l’oltre tomba (es. Cerbero era il traghettatore delle anime). 

 

Nel soffitto è rappresentato uno specchio; intorno allo specchio c’è l’iscrizione “RESPICE FINEM”, “guarda la fine” (guarda oltre) che assume il valore di monito a riflettere sulla sorte di Atteone e sul destino dell’uomo. 

ANTONIO ALLEGRI - IL CORREGGIO (4° lezione 28/11/2022)

Antonio Allegri nacque nel 1489 a Correggio in provincia di Reggio Emilia da Pellegrino Allegri e Bernardina Piazzoli .

A quel tempo Correggio era diventato, sotto il conte Manfredi, un borgo fiorente e vivace dal punto di vista culturale ma non aveva scuole di pittura ne musei.

Non ebbe al suo tempo la visibilità che ebbero altri grandi artisti (Michelangelo, Raffaello,..) e lo conosciamo soprattutto per la biografia che ne fece Giorgio Vasari (a sua volta pittore).

Nel 1506 si recò a Mantova dove fu allievo di Francesco Mantegna che era figlio del grande Andrea Mantegna.

In questo periodo fu influenzato dai dipinti dei pittori veneziani e ferraresi.   In questo periodo dipinge: La Natività di Brera (1512)

Tornato a Correggio dipinge: La Madonna di San Francesco. (1515)

In questi anni il Correggio fece un viaggio a Roma dove potè ammirare gli straordinari dipinti di Raffaello e Michelangelo.

Nel frattempo il Correggio si era sposato con Gerolomina Merlini unica figlia di uno scudiero del duca di Mantova; ebbe 4 figli e sembra un matrimonio felice

Natività con i santi Elisabetta e Giovannino (1513)

Nel 1913 fu donata alla Pinacoteca di Brera per cui prese il nome di Natività di Brera.  Tavola di 79×100 cmm.  Rappresenta la Madonna col bambino e l’adorazione di santa Elisabetta con il piccolo Giovanni Battista.

Madonna di San Francesco in trono. (1514-1515)

Olio su tavola di 299×245 cm.   Conservato presso Gemaldegalerie di Dresda.

Rappresenta Maria che fa da tramite fra suo figlio (in grembo) e San Francesco.

Fino al 1520 dipinse piccole tele per privati rimanendo a Correggio.

  • Matrimonio mistico di Santa Caterina con i santi Francesco e Domenico (circa 1510-1511), olio su tavola 28×21,5 cm,  conservato a Washington, National Gallery.   Rappresenta Gesù che infila al dito di Santa Caterina l’anello nuziale segno di totale adesione di Caterina alla fede cristiana.
  • Madonna col bambino e angeli (1515-1516) olio su tavola 20×16,15 cm, conservata a Firenze presso la Galleria degli Uffizi.  Rappresenta la Madonna seduta col bambino fra 2 angeli musicanti

La Adorazione dei Magi è un dipinto a olio su tela  (84×108 cm) di Correggio, (1515-1518) circa e conservato nella Pinacoteca Brera di Milano.

C’è la Madonna col Bambino in grembo, seduta informalmente sui gradini e davanti a san Giuseppe che sporge dietro una colonna reggendo uno dei regali dei re appena ricevuti.

Un gruppo di cherubini appare poi in alto, davanti alla colonna che fa da sfondo a Maria.

La scena è asimmetrica ma bilanciata con cura.

 

Cristo giovane nel tempio olio su tavola (42,6×33,3 cm) del 1513 circa e conservato nell’ Art Institute of Chicago.

E’ la rappresentazione del giovane Cristo, ancora imberbe (dai tratti quasi femminili), con la tipica tunica rosa con lo scollo squadrato dorato e il mantello azzurro.

Madonna col Bambino e san Giovannino olio su tavola (64×30 cm) di Correggio, databile al 1513-1515 circa e conservato nell’ Art Institute of Chicago

Maria è seduta in terra, col Bambino seduto su una gamba che manda una benedizione al Battista fanciullo, con la croce, protetto da un gesto e di Maria e dal suo sguardo sorridente.

La Zingarella è un dipinto a olio su tavola (49×37 cm), databile al 1516-1517 circa e conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.

E la madonna col bambino ritratta con un abito e fazzoletto da gitana.

Il Ritratto di dama è un dipinto a olio su tela (103×87,5 cm) databile al 1520 circa e conservato nel Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.

La protagonista è seduta di tre quarti verso sinistra, con il volto inclinato verso lo spettatore a cui rivolge uno sguardo enigmatico.

La pala dei Quattro santi è un dipinto a olio su tela(221,7×161,9 cm) databile al 1514 circa e conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York.   C’è San Pietro con le chiavi del regno dei cieli, Santa Marta con il drago al guinzaglio, Maria Maddalena col vaso dei profumi e san Leonardo in abiti monastici.

Commiato di Cristo dalla madre è un dipinto olio su tela (86,7×76,5 cm), databile al 1513 circa e conservato nella National Gallery di Londra.    Gesù si trova inginocchiato col capo reclinato, sullo sfondo di un paesaggio nebuloso; a destra Maria, di un pallore mortale, sviene tra le braccia di una pia donna, o forse la Maddalena  mentre assiste al centro San Giovanni apostolo.

CAMERA DELLA BADESSA

Nel 1519) gli venne commissionata la decorazione della “camera della Badessa” nel Monastero di San Paolo, su commissione della badessa Giovanna da Piacenza (era il suo salotto privato).

Sopra alla cappa del camino c’è la badessa stessa raffigurata sotto forma di Diana su un cocchio armata di arco e frecce, dato che era una donna colta che rivendicava autonomia.

La stanza è a base circa (697×645 cm).

La volta è a creste e vele (detta anche “a ombrello”) cioè ha la forma di una cupola ma è suddivisa in spicchi identici da costoloni.

I costoloni sono ricoperti da dipinti che raffigurano canne di bambù; in ogni divisione della volta ci sono dei loculi ovali  all’interno dei quali sono raffigurati dei putti in diversi atteggiamenti.

Sotto ogni ovale si sono delle lunette nella quali sono dipinte delle statue con rimandi mitologici mentre in basso ci sono teli che sorreggono del vasellame.

IL CORREGGIO: CHIESA DI S.GIOVANNI - CATTEDRALE (5° lezione 05/12/2022)

CHIESA DI SAN GIOVANNI

 

La chiesa di San Giovanni Evangelista fu affrescata dal Correggio fra il 1520 e il 1524.

La cupola misura circa 9,50 x 9,00 metri.

Nell’affresco compare una scritta: “PIU’ DI OGNI ALTRO HA RIVELATO I MISTERI DI DIO”

Al centro della cupola viene rappresentato Cristo che scende a prendere il discepolo preferito (San Giovanni).

Sul tamburo sono raffigurati i discepoli seminudi che osservano il Cristo discendente.  Cristo scende dal cielo immerso in una luce folgorante e sullo sfondo una moltitudine di serafini, e si avvicina al coro degli Apostoli, sostenuti nel cielo dalle nuvole.

San Giovanni con l’aquila, in basso quasi al bordo del tamburo, è visibile solo dal celebrante e dal coro ma non dai fedeli; lo spettatore nella navata lo vede in diagonale.

E’ riconoscibile San Pietro, che ha con se le chiavi.

Gli altri dieci apostoli procedendo in senso orario partendo da Bartolomeo che si trova in direzione della testa di Cristo ci sono: Simone, Giacomo maggiore, Andrea, Tommaso, Giacomo minore, Taddeo, Filippo, Mattia e Paolo.

A fianco della cupola sono presenti pennacchi dove sono rappresentati gli evangelisti e i dottori della chiesa (es. vedi San Giovanni e Sant’Agostino).

Cristo sembra allontanare le nuvole da sé, è posto in verticale sull’asse più lungo dell’ovale della cupola.

Fra gli apostoli immersi nelle nuvole,  ci sono numerosi putti sgambettanti.

Alcuni hanno paragonato la visione a quella della cappella Sistina del Michelangelo.

Durante la lavorazione il Correggio fu aiutato da collaboratori; in particolare molti hanno identificato nel Parmigianino l’autore di un putto dell’affresco.

Per la realizzazione di tutta l’opera il Correggio realizzò diversi bozzetti che attualmente sono sparsi nei musei di tutto il mondo.

Il dipinto fu molto apprezzato e prima della sua conclusione Correggio firmò un contratto per affrescare la cupola della cattedrale di Parma.

LA CATTEDRALE DI PARMA

 

Nel 1522, mentre stava ancora lavorando in San Giovanni, firmò un contratto per affrescare il Duomo di Parma; in particolare gli affreschi della cupola, l’abside, gli arconi e i pilastri in totale quasi 1600 metri quadrati.

I lavori proseguirono dal 1524 al 1530; nella cupola è rappresentata l’Assunzione della vergine”.

Anche per il duomo di parma furono fatti diversi disegni preparatori che sono conservati in 15 rotoli al Louvre di Parigi.

La volta era ad ombrello ma per facilitare l’affrescatura furono smussati gli angoli (nella camera della Badessa gli spigoli erano stati mascherati dipingendo delle canne di bambù).

Il Correggio riuscì ad affrescare solo la cupola tralasciando il resto, per questo motivo vi furono in seguito contenziosi con i committenti.

L’opera fu molto innovativa per il tempo e non fu capita completamente in quanto era difficile da apprezzare per il gusto del tempo.

Correggio creò un vortice di corpi in volo con i personaggi che sembrano librarsi in aria in mezzo alle nuvole.

Correggio riesce a creare un’opera illusionistica grazie alla sua conoscenza prospettica e alla grande conoscenza anatomica (le figure sono dipinte per essere viste da sotto, viste da vicino sembrano deformate).

La madonna ha vicino a se Adamo e Eva con la mela.

Per quanto riguarda il personaggio librato nell’aria alcuni studiosi lo hanno interpretato anche come Lucifero.

Nella figura di San Giuseppe qualcuno ha individuato l’autoritratto del Correggio stesso (anche se la cosa possa ritenersi inverosimile in quanto sarebbe accusabile di blasfemia).

Anche se l’opera non fu compresa appieno dai contemporanei nei secoli successivi fu molto rivalutata  (es. Stendhal apprezzò molto i dipinti).

Nel ‘700 la cupola della cattedrale venne considerata la più bella di quelle esistenti.

Il dipinto viene considerato precursore del barocco.

IL CORREGGIO: ULTIMI DIPINTI (6° lezione 19/12/2022)

Dopo le grandiose opere della Cattedrale e di San Giovanni il Correggio continuò la sua opera realizzando dipinti su ordinazione con tele raffiguranti scene erotiche.

 

L’Educazione di Cupido è un dipinto a olio su tela (155×92 cm) di Correggio, databile al 1527-1528 circa e conservato nella National Gallery di Londra.

Rappresenta Venere, Mercurio e Cupido figlio di Venere.

Venere celeste, nella parte della madre di Cupido vuole indirizzare al bene il piccolo Cupido che è ancora inconsapevole delle sue immense potenzialità.

Ha scelto Mercurio come insegnante, in quanto dio onnipresente, alato, portatore dei voleri di Zeus, astuto conoscitore di ogni cosa.

Venere e Amore spiati da un satiro a olio su tela (190×124 cm) di Correggio, databile al 1527-1528 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.

Anticamente era stata interpretata anche come Giove e Antiope.

Nella figura del satiro si individua Giove (Zeus) che insidia Venere

Allegoria del vizio e allegoria della virtù

L’Allegoria del Vizio è un dipinto a olio su tela (149×88 cm) di Correggio, databile al 1531 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.

Si tratta di una delle ultime tele commissionate da Isabella d’Este per il suo studiolo, in coppia con l’Allegoria della Virtù.

 

L’Allegoria della Virtù è un dipinto a tempera su tela (149×88 cm) di Correggio, databile al 1531 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.

Si tratta di una delle ultime tele commissionate da Isabella d’Este per il suo studiolo, in coppia con l’Allegoria del Vizio.

GLI AMORI DI GIOVE

Si tratta di quattro tele che presentano, in maniera più o meno esplicita, gli amori proibiti di Giove il quale si manifesta in quattro diverse forme: aquila, cigno, pioggia d’oro e nuvola. I quattro dipinti raffigurano rispettivamente: il Ratto di Ganimede, Leda, Danae e Giove e Io.

Il Ratto di Ganimede è un dipinto a olio su tela (163,5×70,5 cm) di Correggio, databile al 1531-1532 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna

Il dipinto preso in considerazione rimanda al mito greco del bellissimo Ganimede che venne rapito da Giove, sotto forma di aquila, per trasformarlo in coppiere degli dèi.

Ma tale mito cosa ha a che fare con un ciclo pittorico raffigurante gli amori di Giove?

Un motivo ben preciso c’è: il nome latino di Ganimede, infatti, è Catamitus, antica parola che indica un amore omosessuale.

Dunque, Giove si innamorò di questo fanciullo a tal punto da rapirlo.

 

Giove e Io è un dipinto a olio su tela (163,5×74 cm) di Correggio, databile al 1532-1533 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Nella soffice nuvola è possibile intravedere il volto di un uomo intento a dare un bacio a Io, la sacerdotessa di Era. L’atteggiamento della figura femminile è quella di totale abbandono ai baci e al delicato abbraccio della nube.

Si tratta, dunque, del dipinto in cui la sensualità e l’abilità pittorica di Correggio raggiungono il proprio apice.

La Danae è un dipinto a olio su tela (161×193 cm) di Correggio, databile al 1531-1532 circa e conservato nella  Galleria Borghese di Roma.

Fa parte di una serie realizzata per il duca di Mantova Federico II Gonzaga sul tema degli amori di Giove.

E’ l’unico che si può ammirare in Italia.

L’opera propone il mito dell’eroina greca, prigioniera all’interno di una torre in bronzo, alla quale fece visita Giove sotto forma di pioggia dorata e dal cui incontro nacque Perseo.

La Leda è un dipinto a olio su tela (152×191 cm) di Antonio Allegri detto il Correggio, databile al 1530-1531 circa e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino.

E’ l’unica a mostrare contemporaneamente tre momenti inerenti all’incontro tra Leda e Giove, qui raffigurato nei panni di un cigno.

Nel primo momento si può osservare Leda che, immersa nelle acque, respinge il cigno (Giove).

Nel secondo, invece, è raffigurata l’unione tra i due.

Infine, nel terzo ed ultimo momento, Leda viene presentata nell’atto di rivestirsi mentre il cigno prende il volo e fugge

L'ETA' FARNESIANA (7° lezione 9/01/2023)

Nel 1534 divenne papa Alessandro Farnese con il nome di Paolo III.

Nel 1543 il papa si incontrò a Busseto con l’imperatore Carlo V e chiese le città si Parma e Piacenza per il figlio Pier Luigi che considerava feudo della chiesa.

Carlo V non si oppose e il 26 agosto 1545 Pier Luigi Farnese venne investito del Ducato di Parma e Piacenza.

Pier Luigi scelse Piacenza come sua sede ma non era ben visto dai signorotti locali.

Vi fu una congiura e il 10 settembre 1547 il duca Farnese venne ucciso; il suo posto venne preso dal figlio Ottavio e il nuovo papa Giulio III (succeduto a Paolo III) confermo a Ottavio il possesso di Parma.

Nel 1556, dopo alcune scaramucce, fu riconosciuto il possesso anche di Piacenza con il trattato di Gand (15 settembre 1556).

La sede del ducato fu portata a Parma e la corte visse in un primo tempo nel centrale palazzo del governatore per poi spostarsi ne palazzo vescovile.

Inizialmente la corte abitava nel Palazzo Ducale posto alla destra del torrente Parma; consisteva in una serie di case abitate la cui posizione era nell’attuale piazza della Pace ed era collegato alla Rocchetta Viscontea dal “Corridore”.

Il palazzo fu distrutto nei bombardamenti del 1944.

Nel frattempo era stato acquisito dal Duca un terreno sulla parte sinistra del fiume su cui iniziò la costruzione della nuova residenza Ducale e la sistemazione di un grande giardino all’italiana all’interno del quale era presente il Palazzetto Eucherio Sanvitale (acquisito per 200 scudi d’oro).

L’attuale sistemazione del parco è alla francese in seguito all’ultima ristrutturazione di una ventina di anni orsono.

La costruzione del palazzo fu affidata a all’arch. Barozzi di Vignola; la reggia fu terminata nel 1564 e il duca si insediò nella nuova dimora nel 1568.

Nel 1586 morì Ottavio e il suo posto venne preso come reggente dal nipote Ranuccio I in quanto il figlio Alessandro era impegnato nei Paesi Bassi. Alla morte del padre, nel 1592, Ranuccio divenne effettivo duca di Parma e Piacenza.

Davanti al palazzo era stata voluta da Ottavio una bellissima fontana alimentata da una sorgente di Malandriano con giochi d’acqua e numerose statue; era ammirata da tutti i visitatori ma fu poi eliminata da Ranuccio a causa della grande umidità che provocava nel palazzo.

Il “palazzo del Giardino” fu progettato da Jacopo Barozzi detto “il Vignola”.

All’interno vi sono numerose sale decorate da diversi artisti:

  • Girolamo Mirola
  • Jacopo Zanguidi detto “il Bertoja”
  • Agostino Carracci
  • Jan Soens
  • Cesare Baglioni
  • Giovanni Battista Trotti detto “il Malosso”
  • Luca Reti

Un monumentale scalone settecentesco porta a un grande salone al primo piano, detto Sala degli Uccelli per il soffitto ornato con decorazioni a stucco e a fresco di Benigno Bossi, rappresentanti 224 specie di uccelli.Da qui si va in alcune sale; le più rilevanti sono:

  • Sala dell’Ariosto dove sono rappresentate scene dall’Orlando Furioso (in particolare la storia d’amore fra Ruggero e la maga Alcina)
  • Sala del Bacio affrescata dal Bertoja fra il 1570 e il 1573 con scene rappresentanti il mito diVenere e Amore.
  • Sala di Erminia– Decorata nel 1628 con affreschi del bolognese Alessandro Tiarini, con scene tratte dalla Gerusalemme liberata. 
  • Sala dell’Amore– La volta è affrescata da Agostino Carracci con tre rappresentazioni dell’Amore: l’amore materno (Venere che guarda il figlio Enea mentre si dirige verso l’Italia), l’amore celeste fra Venere e Marte e quello umano fra Peleo e Teti
  • Sala delle leggende– Tre pareti della stanza sono affrescate con scene dipinte da Giovan Battista Trotti detto “il Malosso”, realizzate tra il 1604 e il 1619: Giove che incorona Bacco accompagnato da Venere; il sacrificio di Alcesti; Circe ridà la forma umana ai compagni di Ulisse

SALA DELLE LEGGENDE

I dipinti sono di Giovan Battista Trotti detto il Malosso (1556-1619).

Si tratta di 3 dipinti:

  • Le nozze fra Bacco e Arianna,
  • Il sacrificio di Alcesti,
  • Circe restituisce forma umana ai compagni di Ulisse

SALA DI ERMINIA

I dipinti sono di Alessandro Tiarini (1577 – 1668).

Si tratta di 2 dipinti:

  • La cavalcata di Erminia verso Gerusalemme con i cavalieri che trasportano Tancredi Morente,
  • Varino nella tenda di Erminia.

SALA DELL’AMORE

I dipinti sono di Carlo Cignani (1628 – 1719)

Sono rappresentati:

  • Apollo e Dafne,
  • La lotta fra Amore e Pan
  • Il ratto di Europa,
  • Il trionfo d’Amore,
  • Le nozze fra Bacco e Arianna

SALA DEL BACIO

I dipinti sono del Bertoja (Giacomo Zanguidi 1544 – 1574) o Girolamo Mirola (1530-1570).

I dipinti sono:

  • Preparativi per la liberazione di Orlando
  • I paladini entrano nella foresta incantata
  • Ruggiero colpisce un lauro dal cui tronco esce una fanciulla
  • Il palazzo di cristallo
  • I paladini cadono nel fiume Riso

SALA DELL’ARIOSTO

Dipinti di Girolamo Mirola; i dipinti sono:

  • La regina Alcina riceve Ruggiero
  • Il “giuoco lieto”
  • Divertimenti alla corte di Alcina: danze e abluzioni
  • Il bagno nella fonte
  • Combattimento fra due guerrieri nudi.

PALAZZO DELLA PILOTTA (8° lezione 30/01/2023)

L’edificio della Pilotta iniziò con la costruzione, da parte del duca Ottavio Farnese, del “corridore” un edificio che univa il Palazzo Ducale con la Rocchetta sfornisca e da lì con il ponte sul torrente Parma si andava nel giardino Ducale.

I duchi che si sono succeduti hanno poi edificato numerose parti aggiuntive (in particolare Ranuccio I Farnese) ottenendo l’edificio attuale.   Essendo stato realizzato in tempi successivi fa si che il complesso non ha un aspetto armonico.

Nella Pilotta oltre agli uffici di rappresentanza della corte ducale erano presenti anche gli uffici amministrativi e le funzioni di servizio.

La Pilotta è stata anche danneggiata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.

Attualmente è sede di musei e del Teatro Farnese.

1- TEATRO FARNESE

Opera in legno di Giovan Battista Aleotti, fu fatto costruire da Ranuccio I Farnese nel 1618 (tardo rinascimentale) al primo piano della Pilotta nell’originaria Sala d’Armi.  Poteva contenere fino a 3000 persone,      Fu il primo teatro moderno dell’occidente, con un sistema ingegneristico per scenografie mobili.    Inaugurato per le nozze fra Odoardo e Margherita de Medici; vi si svolse anche una battaglia navale.

Venne quasi completamente distrutto durante la seconda guerra mondiale.     E’ stata completata la ricostruzione nel 1962.

2 – MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

Il Museo Ducale dell’Antichità è tra i più antichi museiarcheologici d’Italia.

Fu istituito nel 1760 da Don Filippo di Borbone per ospitare i reperti provenienti dagli scavi di Velleia, piccola città romana dell’Appennino piacentino.

Nella prima metà dell’ottocento si è arricchito con l’acquisto di raccolte numismatiche e di materiali egizi, greci, etruschi.

Fin dalla fondazione stato punto di riferimento per le ricerche archeologiche effettuate nel territorio.

Attraverso i reperti illustra la storia del popolamento dal Paleolitico all’alto Medioevo.

3- GALLERIA NAZIONALE

Era sede di una quadreria in epoca Farnesina, fu istituita la Galleria nel ‘700 dai Duchi di Parma Don Filippo e Don Ferdinando di Borbone.   Fu in seguito arricchita da Maria Luigia d’Austria. Contiene una importante collezione dipinti fra cui: La Testa di Fanciulla detta la Scapigliata di Leonardo Da Vinci, la Schiava Turca del Parmigianino, il ritratto di Erasmo da Rotterdam di Hans Holbein, la Madonna di san Girolamo del Correggio, la statua di Maria Luigia di Antonio Canova, San Sebastiano dell’Araldi.

4 – BIBLIOTECA PALATINA

Quello che era nato come “corridore” ospita attualmente la biblioteca Palatina.Fu fondata nel 1761 da Filippo di Borbone e aperta al pubblico nel 1769.  E’ divisa in tre sale:

  • la galleria Petitot che conserva ancora le originarie scaffalature settecentesche.
  • La sala di Dante affrescata da Scaramuzza con scene della Divina Commedia
  • Il terzo grande salone di lettura voluto da Maria Luigia nel 1834.

Raccoglie circa800.000 volumi di cui 6.600 manoscritti (molti riccamente miniati), 3.000 incunaboli, 75.000 lettere, 50.000 stampe che documentano l’arte incisoria dal XV al XIX secolo.

5 – MUSEO BODONIANO

E’ il più antico museo della stampa in Italia; fu inaugurato nel 1963 in occasione del 150° anniversario della morte di Giambattista Bodoni, il tipografo piemontese che rese Parma capitale mondiale della stampa a partire dalla seconda metà del ‘700.

Al suo interno sono conservate le attrezzature, i punzoni, le matrici originali e le casse d’alfabeto della stamperia (le stesse che ancor oggi si utilizzano per la stampa di opere di particolare pregio).

Presenta numerosi documenti d’archivio e “attrezzi” per un totale di 80.000 pezzi.

Nato al terzo piano della biblioteca Palatina è stato spostato in spazi più ampi al primo piano della biblioteca Palatina.

6 – CORTILE DELLA CAVALLERIZZA

Nasce nel dopoguerra sulle rovine dell’antica cavallerizza ducale ed è stato recentemente riqualificato.

Completamente restaurata la facciata settecentesca dell’ex Tribunale di revisione, opera del Petitot, e le altre pareti interne del cortile.  

Sono stati ripristinati anche 2 vani in muratura ai lati del cancello d’ingresso.

7 – CORTE DEL GUAZZATOIO

La storia del Guazzatoio si intreccia con quella del Palazzo della Pilotta, la costruzione inizia alla fine del XVI secolo e si concretizza con Ranuccio Farnese agli inizi del secolo successivo.

Le dimensioni sono simili al piazzale principale.    

La Corte del Guazzatoio era connessa alle adiacenti Scuderie e usata come maneggio e per il lavaggio dei cavalli.

Per la sua collocazione, è rimasta appartata con uso storico di tipo militare fino agli anni sessanta.

L’area fu poi assicurata al Ministero Beni e Attività Culturali e destinata ad uso museografico.

8- SCUDERIE DUCALI

Sono situate al piano terra dell’ala nord della Pilotta; le magnifiche e monumentali scuderie ducali occupano una superficie di circa 1500 mq.

Sono state edificate alla fine del 1500 e connesse alla Corte del Guazzatoio; conservano le antiche mangiatoie in pietra per i cavalli.  

Sono state recuperate di recente sono destinate ad ospitare mostre, attività formative e di ricerca attinenti al patrimonio culturale.

Sono aperte agli studenti e al pubblico.

Veduta aerea del complesso della Pilotta

CHIESE FARNESIANE (9° lezione 6/02/2023)